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Efficacia degli interventi, profili professionali e qualità in salute mentale
Efficacy of interventions, professional profiles and quality in mental health
P. MOROSINI, A. GIGANTESCO, F. MIRABELLA, A. PICARDI Key words: Professional quality • Psychosocial interventions • Outcome evaluation • Effectiveness
and efficacy • Clinical pathways
Correspondence: Dr. Pierluigi Morosini, Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute, Viale Regina Elena, 299, 00161 Roma, Italy - Tel.: +39 6 4990 2895; Fax: +39 6 4938 7069; E-mail: morosini@iss.it Introduzione
Questo editoriale è rivolto agli operatori dei servizi di salute mentale ai quali intende fornire spunti di riflessione e stimolo per promuovere la cultura e la pratica della cosiddetta qualità professionale. Esso tratterà per punti essenziali della qualità professionale dal punto di vista dell’insieme di attività noto attualmente nel mondo internazionale con il nome di Miglioramento Continuo di Qualità (MCQ). I principi fondamentali del Miglioramento Continuo di Qualità sono sintetizzati in un editoriale della rivista QA (1). Per inquadrare la qualità professionale è opportuno ricordare che essa rappresenta una delle tre dimensioni della qualità e si riferisce alla scelta appropriata e all’esecuzione corretta degli interventi specifici della professione, alla luce dei principi dell’assistenza sanitaria basata sulle evidenze. Le altre due dimensioni sono la qualità organizzativa, che si riferisce all’uso efficiente delle risorse, e la qualità percepita, che considera quanto si fa per venire incontro alle esigenze comuni dei vari tipi di utenti e dei loro familiari. Qualità professionale, percepita e organizzativa
Come già detto, in questo breve contributo ci si limiterà a trattare per punti essenziali della qualità professionale. Gli autori sono infatti convinti che: – La qualità professionale sia fondamentale e che sia ora di metterla davvero al centro dell’attenzione dei programmi di accreditamento ed in genere di tutte le iniziative dirette alla valutazione e al miglioramento, come del resto è implicito nell’approccio noto come governo clinico (clinical governance), per il quale tutte le aziende sanitarie hanno il mandato di perseguire il miglioramento della qualità professionale. Al centro della qualità professionale vi è l’efficacia sanitaria, la capacità di produrre negli utenti i migliori benefici legati allo stato dell’arte, con rischi ed effetti collaterali accettabili. La disponibilità di risorse adeguate e la qualità organizzativa, compresa quella collegata alla leadership, alla gestione e la formazione del personale e alla produttività, vanno considerati strumenti che facilitano il dispiegarsi della qualità professionale; strumenti importanti quanto si vuole, ma pur sempre strumenti. La capacità di un servizio di rispondere ai bisogni della popolazione del suo bacino di utenza non può esserci senza qualità professionale, anche se ovviamente contano la disponibilità di risorse e la loro organizzazione. – La qualità percepita, qui intesa come opinione degli utenti e dei loro familiari nei confronti del servizio ricevuto, sia in gran parte da ricondurre alla qualità professionale, in quanto dipende essenzialmente dagli esiti di salute che gli utenti sperimentano e da elementi di interazione personale, elencati nella Tabella I, che vanno considerati parte integrante della qualità professionale, in tutte le discipline ma soprattutto in salute mentale. Orientamento ai risultati
Tra le novità dell’ultimo decennio nel campo dell’accreditamento vi sono la diminuzione dell’enfasi posta sulla standardizzazione dei processi per un recupero dell’importanza dei risultati. È stato il modello European Foundation for Quality Management (EFQM) a proporre questo orientamento, che poi è stato in gran parte fatto proprio dal modello International Standards for Organisations (ISO) 9001:2000 (2), in Italia particolarmente da parte del gruppo CERMET (3). Ciò è tanto più importante nei servizi sanitari e sociali, dove i risultati non sono mai stati oggetto di valutazione sistematica. Naturalmente qui per risultati si intendono non i volumi di prestazioni, né il rapporto ricavi/costi, ma quei particolari risultati che sono rappresentati dagli esiti di salute (modificazioni in meglio o in peggio delle condizioni di salute, fisica e psichica, inclusa la sofferenza fisica e morale e il funzionamento sociale). E di esiti si parlerà da ora in poi. Qualità professionale e medicina basata sulle evidenze
Per fortuna l’individuazione e promozione della qualità professionale è stata enormemente facilitata negli ultimi anni dal movimento della Evidence Based Medicine (EBM) o Medicina Basata sulle Evidenze (qui evidenze è un inglesismo che significa prove, dimostrazioni). Professionalmente la parola chiave è "appropriatezza professionale". Gli interventi diagnostici, terapeutici, riabilitativi, preventivi sono appropriati quando sono sia efficaci (o meglio, quando hanno un rapporto efficacia-costo ottimale), sia indicati per la persona o la situazione a cui sono applicati. L’efficacia viene valutata in funzione sia della qualità metodologica degli studi con cui è stata valutata (la cosiddetta forza delle evidenze), sia della somiglianza tra le situazioni in cui è stata studiata a quelle in cui dovrebbe essere applicata e delle maggiori o minori difficoltà di applicazione (da cui anche dipende la cosiddetta forza delle raccomandazioni). Non è certo questa la sede in cui esporre in dettaglio i principi e le pratiche della medicina dell’assistenza sanitaria basata sulle evidenze. È però utile ricordare che il metodo migliore, anche se non unico e non esente da critiche, per valutare l’efficacia di un intervento è lo studio controllato randomizzato (il cosiddetto trial), che i resoconti aneddotici su singoli pazienti possono essere utili per generare ipotesi, ma non hanno nessun valore per confermarle e che il parere di esperti va sempre preso in considerazione, ma solo ad integrazione ed adattamento delle informazioni prodotte dagli studi scientifici disponibili (4)-(7). Lo ribadiamo qui perché ci sono in salute mentale professionisti che ancora ritengono che non si possa valutare con metodi scientifici l’efficacia degli interventi, nonostante le ormai migliaia di studi controllati relativi anche agli interventi psicoterapeutici e riabilitativi, nonostante le decine di rassegne sistematiche su tali studi, la pubblicazione della eccellente rivista di letteratura secondaria Evidence Based Mental Health (sito internet: http://ebmh.bmjjournals.com/) da parte del Centro per la Salute Mentale Basata sulle Evidenze di Oxford (sito internet: www.cebmh.com/) e l’attività di cinque gruppi collaborativi Cochrane su depressione, ansia e nevrosi, schizofrenia, alcol e droghe, demenza, disturbi dello sviluppo e dell’apprendimento (vedi www.cochrane.it e i relativi link). In sintesi si può dire che molte ricerche hanno ormai dimostrato che parecchi interventi, non solo farmacologi, ma anche psicoterapeutici e, in senso più ampio, psicosociali, migliorano la qualità della vita delle persone affette da disturbi psichici; ad esempio nella schizofrenia il trattamento territoriale "assertivo", la psicoeducazione familiare secondo Falloon (8) o interventi simili, i programmi di inserimento lavorativo, l’insegnamento di abilità di autogestione dei sintomi. Ma questi interventi sono ancora offerti poco e quindi vi è ampio spazio per iniziative di formazione degli operatori e di loro diffusione nei servizi (9). Ci sembra utile riportare in appendice l’elenco degli interventi psicoterapeutici di provata o probabile efficacia secondo Roth e Fonagy (10), Fonagy et al. (11), Carr (12), l’American Psychological Association (13) e la pubblicazione "Clinical Evidence" (14), di cui è uscito da poco il primo estratto dedicato alla salute mentale. Su Clinical Evidence sono riportati anche gli interventi probabilmente inefficaci o dannosi e, oltre ai dati sugli interventi psicosociali, anche quelli sugli psicofarmaci. Tutte le altre terapie si suppone siano di efficacia ignota dal punto di vista dei criteri della EBM. In altre parole, anche se per i trattamenti psicoterapeutici non ancora sottoposti ad una valutazione sistematica rigorosa, l’assenza di evidenze di efficacia non implica mancata efficacia (10), certo segnala fortemente la necessità di condurre opportuni studi a riguardo. Si può concludere questa sezione con due citazioni di Gavin Andrews dal prestigioso British Medical Journal: "I pazienti hanno diritto a ricevere trattamenti di dimostrata efficacia. I professionisti sanitari che praticano terapie di efficacia non provata, anche se accettate e diffuse, lo fanno a rischio dei loro pazienti" (15) e "Se questi trattamenti psicoterapeutici (in questo caso si tratta delle psicoterapie cognitivo comportamentali per i disturbi d’ansia) fossero stati farmaci, sarebbero stati certificati come efficaci e sicuri e considerati parte della farmacopea essenziale di ogni medico. Poiché però non sono stati sviluppati da ditte tese al profitto, non sono stati pubblicizzati né promossi e il loro uso è poco diffuso" (16). Qualità e profili professionali
Qual è l’importanza in questo contesto dei profili professionali (detti anche, forse meglio, percorsi assistenziali o percorsi diagnostico-terapeutici)? È quella di essere probabilmente uno degli strumenti più efficaci, se non il più efficace, per cambiare il comportamento dei professionisti, per far sì che le raccomandazioni, contenute in linee guida che tengano conto delle evidenze scientifiche, siano applicate tenendo conto delle situazioni locali e coinvolgendo tutte le professionalità che sono interessate dai cambiamenti o li possono influenzare. Si sa ormai che l’ingenua convinzione che sia sufficiente informare i professionisti per diffondere le pratiche migliori è infondata. Anche la produzione e la diffusione di buone linee guida, nutrite di cultura delle evidenze, non basta. Le rassegne degli studi sulla diffusione passiva di raccomandazioni hanno concluso che l’impatto sulla pratica è scarso. Nella Tabella II sono sintetizzate le conclusioni sull’efficacia dei vari interventi per il cambiamento della pratica professionale della monografia del NHS Centre for Reviews and Dissemination di York (17). Nella Tabella III abbiamo sintetizzato quali possono essere a nostro parere, anche sulla base delle esperienze italiane (ad esempio (19)) gli accorgimenti di cui tenere conto perché un intervento di miglioramento della pratica dei professionisti sanitari abbia successo. Tutti gli accorgimenti elencati nella Tabella III sono presenti nei buoni programmi di applicazione dei percorsi assistenziali. L’utilità della formazione con didattica attiva è stata documentata da una serie di corsi intensivi in epidemiologia clinica, EBM e MCQ tenuti presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per i quali sono stati raccolti dati a sostegno dell’efficacia formativa e della messa in opera nella pratica di quanto appreso (20). Tra le altre possibilità per accelerare la diffusione di interventi più efficaci, per eliminare interventi superati e per ridurre il consumismo medico, ci è gradito citare la formazione degli utenti o meglio dei membri delle associazioni che li rappresentano. Attualmente gli utenti tendono a richiedere acriticamente ogni intervento disponibile, alimentando il consumismo sanitario, ma potrebbero diventare, se meglio informati, uno strumento capace di spingere dal basso i professionisti sanitari verso un’assistenza sanitaria maggiormente basata sulle evidenze (21). Valutazione degli esiti
Vogliamo qui ribadire che i percorsi assistenziali rappresentano anche una buona occasione per introdurre nei servizi sanitari la valutazione sistematica degli esiti, cioè della cosiddetta efficacia nella pratica (effectiveness). Si tratta di una esigenza matura, che rappresenta ormai, come accennato, anche un requisito dei più avanzati programmi di accreditamento, ma che ancora oggi è troppo spesso disattesa. Ad esempio, nel progetto PROGRES (22) su tutte le strutture residenziali psichiatriche italiane, promosso e coordinato dall’ISS, è stato osservato che solo in un terzo delle strutture viene effettuata una valutazione clinica e delle disabilità mediante strumenti standardizzati, e solo nel 12% una valutazione multidimensionale degli esiti (23). In salute mentale, nonostante quanto normalmente si creda, questa esigenza può essere relativamente facile da soddisfare mediante la compilazione ripetuta nel tempo da parte dei pazienti e/o dei loro familiari di scale standardizzate relative ai sintomi, alla qualità della vita, al funzionamento sociale e alla soddisfazione nei confronti dell’assistenza ricevuta. Tra queste, ci sembra utile citare alcuni strumenti per la valutazione della soddisfazione da parte dei pazienti e dei familiari (24)-(26) tra i quali la Rome Opinion Scale (27), la nuova scala per la valutazione degli esiti SAVE (28) che comprende 10 domande su funzionamento sociale e principali sintomi psichiatrici, una domanda su atti aggressivi, una su prepotenze e violenze subite e due sulla soddisfazione nei confronti della vita in generale e sui cambiamenti rispetto all’anno precedente. La caratteristica più interessante di quest’ultimo strumento è che esiste in tre versioni quasi uguali, una per i pazienti, una per i familiari e una per gli operatori, il che permette di confrontare i tre punti di vista. Anche le persone con psicosi possono contribuire direttamente alla valutazione, ad esempio mediante il questionario sull’insight di Birchwood (29) o semplici strumenti per la valutazione della qualità soggettiva della vita (30). Tra gli strumenti più tradizionali compilati dagli operatori, ci piace ricordare quelli illustrati nel bel libro di Ruggeri e dall’Agnola (31), la SVARAD per la valutazione rapida delle principali dimensioni psicopatologiche (32)-(35), e la HoNOS-Roma (36). Quest’ultimo strumento, che riguarda sia la psicopatologia, sia il funzionamento sociale e le condizioni di vita, ha una veste grafica innovativa, che permette di effettuare più compilazioni sullo stesso modulo e di ottenere una rappresentazione grafica dell’andamento dei problemi nel tempo. Un altro aspetto da considerare nella valutazione dei servizi sanitari è la soddisfazione degli operatori. Si sta infatti iniziando ad apprezzare la necessità di considerare l’impatto sugli operatori, e non solo sui pazienti, negli studi sull’efficacia nella pratica dei diversi modelli di organizzazione dei servizi. A questo proposito, ultimamente abbiamo sviluppato e validato uno strumento per la valutazione della soddisfazione professionale degli operatori dei servizi di salute mentale (37) (38). Ricerca e conclusioni
Vi sono ancora considerevoli lacune nelle conoscenze sui metodi per modificare le pratiche e realizzare migliori esiti di salute. Sono opportune altre ricerche, sia qualitative, per capire meglio come identificare gli ostacoli e adattare l’intervento alle circostanze e agli atteggiamenti locali, sia epidemiologiche, per valutare il rapporto costo-efficacia degli interventi. Il disegno della massima parte degli studi di valutazione degli interventi psicosociali finora è stato del tipo pre-post, con solo controlli interni. Inoltre raramente vengono condotti follow-up che consentano di valutare gli esiti dei trattamenti a medio-lungo termine. È quindi auspicabile che anche nel nostro paese si attuino più spesso studi controllati randomizzati, di efficacia anche dei trattamenti psicoterapeutici e riabilitativi e non solo dei trattamenti psicofarmacologici (39), anche considerando che vi sono esempi che mostrano come simili studi, con opportuni accorgimenti, possano essere facilmente condotti anche nella pratica quotidiana dei servizi, senza la sponsorizzazione di un’industria farmaceutica e con minime risorse aggiuntive (40). Recenti esempi mostrano inoltre che adottando un approccio orientato alla valutazione sistematica degli esiti è possibile condurre anche studi di follow-up nella comune pratica clinica (41)-(44). Un disegno particolarmente interessante di studio potrebbe essere il seguente: si sceglie un problema e si reclutano una ventina di centri, si nomina un comitato di esperti con rappresentanti delle varie professionalità coinvolte che individua un insieme semplice di indicatori di processo e di esito concordati con tutti i centri. Per almeno 6 mesi – un anno, questi indicatori vengono rilevati in tutti i centri in assenza di interventi specifici. I 20 centri vengono quindi suddivisi in modo randomizzato in due gruppi: a) intervento precoce e b) intervento ritardato. Un gruppo di lavoro, coadiuvato da almeno un metodologo indipendente, elabora sulla base delle migliori linee guida esistenti un insieme di raccomandazioni basate il più possibile sulle evidenze. Le raccomandazioni vengono incorporate localmente in percorsi assistenziali e si inizia il tentativo di applicazione. Dopo sei mesi – un anno si confrontano i valori degli indicatori sia tra il prima e il dopo nei vari centri, sia tra i centri del gruppo "a" e quelli del gruppo "b". Questo disegno ha il vantaggio di permettere di capire quali caratteristiche hanno i centri che più possono giovarsi dell’intervento. I centri del gruppo "b", che sono stati messi, per così dire, in lista d’attesa, potranno approfittare dell’esperienza di quelli del gruppo "a" e decidere di modificare o meno l’approccio. È auspicabile che ogni anno venga presentato almeno un progetto di questo tipo per i bandi della ricerca finalizzata ministeriale e regionale, nel campo della salute mentale e sperabilmente anche in ogni disciplina sanitaria. Appendice
Interventi psicosociali di provata o probabile efficacia in Clinical Evidence (ce), in roth e Fonagy (RF) e per la American Psychologial Association (APA). Gli psicofarmaci sono considerati solo in CE e sono qui riportati in caratteri più piccoli. Nelle psicoterapie cognitivo comportamentali sono state incluse anche terapie prevalentemente comportamentali e varianti come la terapia dialettico-comportamentale. Non tutti gli interventi sono stati presi in considerazione in CE. ABUSO DI ALCOL (non trattato in CE)
Terapia cognitivo comportamentale mirata ad aumentare l’adattamento sociale (APA, RF) Brevi interventi educativi, inclusa l’intervista motivante (APA, RF). ANORESSIA E BULIMIA NERVOSA
Terapia cognitivo comportamentale (APA, RF; solo probabilmente efficace per CE) Terapia familiare (solo per RF e solo per anoressiche giovani) Efficaci ma solo nel ridurre i sintomi e nel breve termine: Farmaci antidepressivi triciclici e fluoxetina Terapia interpersonale (CE e RF e solo per bulimia) Probabilmente inefficaci o dannosi (solo per anoressia) Neurolettici che aumentano l’intervallo QT (CE) DEMENZA (non considerata da APA)
Interventi psicosociali per i familiari (RF) Terapia di orientamento alla realtà (su sintomi neurocognitivi e comportamentali) (CE, RF) Risperidone (sintomi psicotici e dei disturbi del comportamento) Olanzapina (sintomi psicotici ed agitazione) Carbamazepina (disturbi comportamentali) Valproato di sodio (disturbi comportamentali) Rivastigmina (per sintomi neurocognitivi nell’Alzheimer) DEPRESSIONE
Psicoterapia cognitivo-comportamentale (nella depressione lieve o moderata) (CE, RF, APA) Psicoterapia interpersonale (nella depressione lieve o moderata) (CE, RF, APA) Antidepressivi triciclici e tetraciclici Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) Terapia elettroconvulsivante nei pazienti con gravi forme depressive che non rispondono ai farmaci Trattamento continuato con antidepressivi per la riduzione del rischio di recidiva Terapia basata sulla soluzione di problemi (nella depressione lieve o moderata) (CE, APA) Terapia psicodinamica strutturata breve (RF, APA) Combinazione di farmaci e psicoterapia (anche nella depressione grave) (CE) Iperico (nella depressione lieve o moderata) DISFUNZIONI SESSUALI E TERAPIA DI COPPIA (non considerate da CE)
Psicoterapia cognitivo comportamentale (per impotenza e vaginismo) (APA, RF) Tecniche comportamentali per l’eiaculazione precoce (APA, RF) DISTURBI D’ANSIA (Ansia generalizzata, fobie con e senza attacchi di panico, disturbo post-
traumatico da stress
)
Ansia generalizzata, attacchi di panico e fobie: Psicoterapia cognitivo-comportamentale (RF, APA); CE considera questo trattamento solo probabilmente efficace per l’ansia generalizzata e non lo ha ancora preso in esame per attacchi di panico e fobie Terapia del disturbo post-traumatico da stress: psicoterapia cognitivo comportamentale (CE, APA, RF); EMDR (CE; solo probabilmente efficace per APA) Prevenzione del disturbo post-traumatico da stress dopo trauma: Psicoterapia cognitivo comportamentale in più incontri nelle persone con disturbo acuto da stress (CE) Attacchi di panico: Antidepressivi triciclici e inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina Disturbo post-traumatico da stress: sertralina; paroxetina Fobia del sangue: Applicazione di tensione ed esposizione (RF) Terapia del disturbo post-traumatico da stress: terapia psicodinamica strutturata (RF) Ansia generalizzata: Buspirone; alcuni antidepressivi Bilancio benefici e danni da valutare individualmente Benzodiazepine (comunque per breve durata) DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Psicoterapia cognitivo-comportamentale (CE, APA, RF) Inibitori della ricaptazione della serotonina Farmaci (fluvoxamina) più terapia comportamentale Antipsicotici aggiuntivi in pazienti che non rispondono ai soli inibitori della ricaptazione della serotonina DISTURBI DI PERSONALITÀ
Addestramento alle abilità sociale (solo per il disturbo di personalità evitante) (APA, RF) Psicoterapia comportamentale dialettica (APA, RF) SINDROME DA FATICA CRONICA (solo CE)
Psicoterapia cognitivo comportamentale (CE) SCHIZOFRENIA
Interventi familiari psicoeducativi-comportamentali, anche di gruppo, per ridurre le recidive (CE, APA, RF) Interventi psicoeducativo-comportamentali coi pazienti, anche di gruppo, per ridurre le recidive Terapia di mantenimento con farmaci per 6-9 mesi dopo episodio acuto Clozapina nei pazienti resistenti ai farmaci tradizionali Psicoterapia cognitivo-comportamentale dei sintomi psicotici resistenti ai farmaci (CE, APA, RF) Addestramento alle abilità sociali (RF, APA) Inserimento lavorativo con sostengo (APA) Bilancio benefici e danni da valutare individualmente Vari antipsicotici (aloperidolo, aloperidolo decanoato depot, clorpromazina, loxapina, molindone, pimozide, pipotiazina palmitato depot, olanzapina, quetiapina, risperidone, ziprasidone, zotepina, sulpiride, tioridazina, clozapina) Intervento familiare solo informativo per migliorare l’adesione al trattamento INTERVENTI NELL’INFANZIA (solo depressione e ADHD per CE)
Depressione: psicoterapia cognitivo-comportamentale (nella depressione lieve e moderata) Enuresi e enconpresi: terapia comportamentale (APA, RF) Disturbo oppositivo-aggressivo: terapia cognitivo comportamentale e formazione dei genitori (APA, RF) Fobia della scuola: esposizione rapida (RF) Disturbi pervasivi dello sviluppo: terapia comportamentale dei comportamenti indesiderati (RF) Depressione: psicoterapia interpersonale Disturbi d’ansia generalizzata: psicoterapia cognitivo comportamentale e psicoterapia psicodinamica Disturbi ossessivo compulsivi: psicoterapia cognitivo comportamentale ADHD: psicoterapia multimodale a lungo termine (RF) ADHD: Metilfenidato, desamfetamina, metilfenidato più terapia comportamentale (CE) Depressione: Inibitori selettivi della serotonina

Source: http://psicoterapia.centrocognitivo.it/psicoterapia/wp-content/uploads/2011/10/Efficacia-degli-interventi_morosini-gigantesco-mirabella-picardi.pdf

Newsletter - january 2010 _3_

Station View Medical Centre Issue 6 – Jan 2010 Patient Newsletter Pharmacy Minor Ailments Scheme All patients registered to a GP in County Durham and Darlington and who are eligible for free prescriptions (either with a current exemption or with a pre-payment certificate) can now access a new scheme provided by all community Pharmacies. If you have any of the following ailment

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