Mai dire brachetto

Grignolino, l’anarchico del Monferrato
Maurizio Gily
Wein-Plus, marzo 2008
(originale in italiano, il testo in tedesco tradotto da Katrin Walter si trova
sul sito www.wein-plus.de)
La provincia di Alessandria è piuttosto estesa e comprende cinque distinte aree vinicole (Acquese,
Ovadese, Gaviese, Tortonese e Casalese, dai nomi delle cittadine principali), rappresentando la
porzione più orientale del sistema collinare del Sud Piemonte (che va dalla Langhe al Tortonese, e
geologicamente si definisce bacino terziario piemontese). Questa provincia produce una notevole
quantità ma soprattutto una notevole varietà di vini pregiati, distinguendosi come importante bacino
di biodiversità viticola. In questo articolo parlo in particolare di un vitigno a frutto rosso, il
Grignolino. Cioè un vitigno-bandiera del luogo dove vivo, il Monferrato casalese, (DOC Grignolino
del Monferrato Casalese). Solo gente ostinata come la nostra poteva salvare questo vino dalle
tendenze del gusto internazionale propiziate da frasi come queste: “(…) The 1997 Merlot might be
called liquified Viagra. An incredibly sexy nose of smoke, black fruits, cappuccino, and toasty
wood is followed by an expansive, terrifically concentrated wine with a sumptuous texture, no hard
edges, beautifully integrated acidity and tannin, and a long, 35 second finish. (.) this stunningly
aromatic, multi-dimensional wine.”
Insomma il vino-nutella, o Viagra liquido degli anni novanta, bomba di colore e rotondità, caro al
Robert Parker autore delle note citate, poteva annientare il Grignolino, ma non è accaduto. La
resistenza si è attestata a sinistra del Tanaro, nelle terre del Grignolino, e ha visto protagoniste le
aziende che hanno fatto la storia recente di questo vino, come Bricco Mondalino dei Gaudio a
Vignale, VICARA con Domenico Ravizza a Rosignano, Carnevale a Cerro Tanaro e diverse altre.
Ma prima degli anni settanta il Grignolino non si imbottigliava quasi nella zona di produzione: si
vendevano le uve ed i vini sfusi agli imbottigliatori di prestigio dell’Albese, come Fontanafredda e
Marchesi di Barolo, che avevano un buono smercio di Grignolino soprattutto sul mercato torinese.
Da questo si capisce quanto sia recente la storia del Monferrato come “terroir” compiuto, e quindi,
peraltro, quante possibilità di crescita abbia ancora questo territorio magnifico e ad alta vocazione.
Un “falso magro”
Ricordo un giornalista belga molto presuntuoso parlare del grignolino con sufficienza: non ha
colore, non ha profumo, non ha gusto. Tutto sbagliato, ma istruttivo. Il colore in un vino crea
un’aspettativa che spesso è confermata dagli altri sensi, altre volte no: ma per riconoscere questa
divergenza occorre una certa dose di modestia. Il degustatore superficiale vede un colore rosso
chiaro, e già è convinto che il vino sia magro e diluito. Che poi il Grignolino non piaccia a tutti,
questa è un’altra questione, ma, per lo meno, bisogna avvicinarsi senza pregiudizi. Si presenta
rubino chiaro, senza sfumature violette, ma pur sempre rosso: i colori rosati pallidi, frutto
soprattutto di uve immature, sono da evitare. Da vero piemontese, il vino al primo impatto non si
scopre del tutto, né al naso né al gusto: al secondo, al terzo si rivela. Al naso si possono sentire il
lampone e la rosa canina, il pepe bianco, il chiodo di garofano, nel complesso emerge una nota
“selvatica”, da pianta di bosco più che coltivata, non per niente Veronelli lo definì anarchico; al
gusto una nota di spezie dolci e una tannicità tutt’altro che modesta, insospettabile in un vino che si
presenta con una veste pallida. La tannicità del Grignolino è legata al fatto che l’acino è piccolo,
contiene poca polpa e molti semi, fino a cinque, che cedono tannini durante la macerazione. Per
ottenere vini più morbidi, infatti, alcuni produttori usano separare una parte dei vinaccioli dal mosto
durante la fermentazione. Tuttavia bisogna considerare che i semi sono anche sede di alcuni aromi
speziati che fanno parte della tipicità del vino.
In lunghezza di gusto spesso supera il conterraneo e più muscoloso barbera.
In alcuni testi si trova scritto che il Grignolino è un vino poco alcolico: in verità questo luogo
comune deriva dalle vecchie consuetudini legate a cloni di scarsa qualità o affetti da virus, o,
comunque, a uve di insufficiente maturazione e qualità. I migliori vini da Grignolino, soprattutto
quelli delle marne argilloso-calcaree del casalese, battono sui tredici gradi o più, secondo l’annata,
ovviamente gradi naturali, perché nei vini di qualità il grado si fa nel vigneto.
In vigneto
Il Grignolino è piuttosto vigoroso, ha foglie grandi, molto dentate, che in autunno non diventano
rosse ma gialle, come nelle uve bianche, confermando la scarsa dotazione di antociani (i pigmenti
rossi) della varietà. Non si adatta a terreni fertili perché in tal caso produce in eccesso, le uve non
maturano bene, rimanendo parzialmente rosate o addirittura verdi, e vanno soggette ad attacchi di
muffa grigia, favoriti dalla compattezza del grappolo. Il frutto deve essere parzialmente esposto al
sole, altrimenti non si colora; ma esposizioni eccessive, soprattutto in annate calde, provocano
ustioni e disseccamento degli acini. In conclusione è una varietà che richiede cure molto attente, a
partire dalla scelta del sito di impianto e del portinnesto e fino ala vinificazione.
I “due Grignolino”
Sono due le DOC del Grignolino, Grignolino d’Asti e Grignolino del Monferrato casalese. Troppe,
secondo molti, una basterebbe, data la modesta superficie, che oggi non arriva a 1000 ettari. Ma ci
sono i campanili, e già sull’origine del vitigno vi sono due scuole di pensiero: secondo gli Astigiani
verrebbe da Portacomaro, frazione Migliandolo; secondo i monferrini invece la culla sarebbe
Rosignano oppure Olivola. Si tratta comunque di territori che distano tra loro, in linea d’aria, una
ventina di chilometri o poco più e sono entrambi sulla riva sinistra del Tanaro. Diverse sono però le
caratteristiche dei suoli. Il Grignolino d’Asti è localizzato, almeno in parte, su suoli sabbiosi
giovani, mentre il Monferrato casalese ha suoli calcareo-marnosi, molto ricchi di limo e argilla e
poggianti sul substrato roccioso detto pietra da cantoni, una marna arenacea molto chiara e poco
compatta da cui si estraevano un tempo blocchi da costruzione. Il Grignolino delle “sabbie” è aereo,
elegante, profumato, pronto alla beva. Il Grignolino del Casalese è più corposo e tannico, più
“selvatico” in gioventù, di più lunga conservazione.
A proposito: il Grignolino non è un vino da invecchiamento, ma è sbagliato pensare che si debba
bere alla svelta, prima che compia un anno. I migliori Grignolino danno il meglio al secondo anno,
al terzo sono ancora ottimi ed il dopo può riservare ancora molte sorprese.
Abbinamenti
E’ tipicamente un “food wine” come dicono gli anglosassoni, cioè un vino “da cibo”. Si abbina
bene con molti piatti: risotti, ravioli, minestre di legumi, carni bianche. Ottimo anche con alcuni
piatti di pesce molto saporiti, ad esempio le sarde o le acciughe fritte. Ma il miglior abbinamento è
forse il salame cotto, un insaccato tipicamente piemontese, piuttosto grasso e aromatizzato, con la
“monferrina” di pane di pasta dura.
Molti abbinamenti si possono provare partecipando ad una passeggiata primaverile in maggio tra le
cantine del Monferrato organizzata da Slow Food insieme all’Enoteca Regionale del Monferrato, di
Grignolino in Grignolino. Cucinano le famiglie dei viticoltori. Se non conoscete il grignolino, e
pure se lo conoscete, non dovete mancare. Per maggiori informazioni
Il “tempio del Grignolino”
Il “tempio del Grignolino” è senza dubbio l’Enoteca Regionale del Monferrato a Vignale, ospitata
nel settecentesco Palazzo Callori, già dimora dei Conti Callori di Vignale e acquistata nel 1977
dalla Regione Piemonte. Nella antiche cantine è possibile degustare e acquistare il Grignolino anche
delle aziende più piccole e meno conosciute, ma sicuramente di alta qualità, poiché i vini sono
ammessi all’esposizione dopo il passaggio attraverso una severa commissione di assaggio.

Le DOC
Sia il Grignolino d’Asti che il Grignolino del Monferrato Casalese possono essere vinificati con l’aggiunta del 10% di Freisa, con lo scopo principale di rinforzare il colore. Tuttavia oggi i produttori di maggior prestigio tendono a vinificare il Grignolino in purezza per preservarne l’originalità, anche perché una buona maturazione delle uve consente di ottenere un colore sufficiente: peraltro il colore chiaro non è certo un difetto ma un carattere di tipicità.

Source: http://www.gily.it/articoli/grignolino%20per%20wein%20plus.pdf

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